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JURASSIC WORLD: DOMINION – Quello sveglio della cucciolata – Monster Movie

di Alessandro Sivieri e Matteo Berta
jurassic world dominion grant malcolm sattler fotomontaggio
“Quei fossili dovrebbero stare in un museo!”
A volte ci scordiamo che una singola opera può farsi carico di un mondo incredibilmente vasto. La saga giurassica ideata da Steven Spielberg non si riduce a una manciata di film di culto. È responsabile del patrimonio immaginifico di più generazioni, del modo in cui i dinosauri venivano rappresentati in altri franchise, nei libri illustrati, nei fumetti, nei parchi a tema. Gli animali apparsi in Jurassic Park e realizzati con la consulenza del paleontologo Jack Horner non erano concepite come forme di vita accuratamente rispondenti a un determinato ecosistema o a un’era geologica. Erano creature di fantasia, il cui obiettivo era fare colpo sullo spettatore e risultare funzionali a una storia. Immediatamente riconoscibili, grandi il necessario e con tutti gli artigli del caso. Chi se ne importa se le più recenti scoperte scientifiche hanno sconfessato il loro aspetto. Ma che ce frega se il Velociraptor ha preso gli steroidi tipo i tacchini da allevamento o se tutti gli esemplari, in generale, sono a corto di piumaggio. A noi piacciono così.
brachiosauro prima apparizione in jurassic park
Anche al futuro pubblico del parco dovevano piacere così. Attrazioni da urlo, ibridi creati in laboratorio utilizzando DNA antico e il codice genetico degli anfibi per tamponare le falle. La verità giace ancora sottoterra e non corrisponde pienamente a questi mostri, che all’occorrenza possono essere dotati di più spine e più denti. Che destino avrebbero gli animali del parco senza scienziati, senza lisina? Beh, la vita vince sempre e i mostri non fanno eccezione. Questo Grant e Malcolm lo sapevano, fa parte di una riflessione sulla bioetica introdotta da Michael Crichton nel romanzo e ripresa fedelmente nelle tre pellicole di Jurassic World. Come? Cosa?! Esiste la trilogia di Jurassic World? Sì, esiste ed è stata portata a compimento. Un nucleo di negazionisti vuole evitare l’argomento ma è il momento di parlarne, quindi smettiamola di fare i lisina-deficienti.
logo del franchise jurassic world
L’ultima cosa da fare è abbracciare quella tendenza molto in voga nel fandom di Star Wars, dove un gruppo di persone parla della trilogia sequel e delle serie tv, un altro sostiene che esistono solo sei film di Star Wars e un altro ancora dichiara che esistono solo tre film di Star Wars, poi arriva il genio che sancisce “Ok, Star Wars non esiste, così facciamo prima”. Il disagio generale è, in parte, comprensibile: il primo Jurassic World ha gli stilemi di The Force Awakens e presenta un parco zoologico, gestito dalla Masrani Global Corporation, che è riuscito effettivamente ad aprire i battenti. Facendo tesoro delle scoperte della InGen, il magnate Simon Masrani è riuscito a porsi come erede spirituale di John Hammond, industrializzando l’ecosistema di Isla Nublar e offrendo attrazioni con dinosauri viventi al pubblico mondiale.
indominus rex ibrido di jurassic world
Prevedibilmente il parco va a ramengo e ai sopravvissuti tocca scampare alle zanne dei famosi “pirati che si mangiano i turisti”, sui quali regna l’Indominus Rex, ibrido introdotto per l’occasione dal dottor Henry Wu, volto familiare della saga. Gli ibridi sono il frutto di ricerche di mercato ancor prima che genetiche, poiché il pubblico pagante rischiava di stancarsi con i soliti, banali lucertoloni in gabbia. Come se non bastasse, aziende rivali puntano a un uso militare di queste specie riportate in vita, sminuendo quella che l’arrogante dottor Wu considera un’arte. Le frontiere della scienza sono troppo vaste per ridursi a un parco di bestie bavose o a una schiera di soldatini ammaestrati. E dove si dirigono le frontiere della scienza? Verso un passo a piedi nudi nella proverbiale valle dei chiodi, quello della clonazione umana. Maisie Lockwood, introdotta in Fallen Kingdom, si pone come un personaggio smarrito che deve fare i conti con la sua natura artificiale. Manipolata a livello cellulare già nel ventre materno, ha più cose in comune con i dinosauri che con i coetanei.
maisie personaggio di jurassic world
Adesso appare più chiara la connessione con i temi cari a Crichton, temi che sono stati commentati dai protagonisti nella vecchia trilogia. Perfino in Jurassic Park III il professor Grant dichiarava durante una conferenza universitaria che l’operato di Hammond altro non era che un parco di mostri, brevettati come ha fatto Spielberg con il “suo” design, mentre gli autentici dinosauri giacciono ancora sottoterra e sono ridotti a un mucchio di ossicini. Prendiamo il Mosasauro di JW come esempio: quando Spielberg vide i primi concept art, il rettile marino appariva di dimensioni più “consone” alla sua controparte realmente esistita, ma l’esperto regista e produttore di Cincinnati chiese di ingigantirne la taglia, esortando tutti a ricordarsi che si stava realizzando un film della saga di Jurassic e il tutto doveva essere il più sorprendente e impattante possibile. La versione estesa di Dominion, restando fedele all’impostazione del brand, presenta un prologo ambientato nel Cretaceo, durante il quale vengono mostrati diversi esemplari nel loro habitat naturale. Nemmeno le loro controparti di 65 milioni di anni fa risultano aggiornate agli standard scientifici, ma va bene così: è il Cretaceo di Jurassic World, non il nostro Cretaceo.
mosasauro piccolo concept art
Nel prologo si verifica uno scontro violento tra un Giganotosauro e un Tirannosauro, dove quest’ultimo ha la peggio. Due colossali sauri si contendevano la Terra quando dell’uomo non esistevano nemmeno gli antenati, eppure eccoci qui, con i nostri microscopi e i camici da laboratorio, a riprogettarli per delle attrazioni a pagamento e a modificarne l’anatomia per i nostri comodi. La questione ibridi non si limita a una variazione visiva delle creature ma aggiunge un ulteriore strato all’autoconsapevolezza del franchise giurassico, dove gente senza scrupoli perde il controllo del “circo delle pulci” e l’illusione (rivolta più che altro ai visitatori) di aver riportato nel nostro tempo qualcosa di selvaggio, di incontaminato. Questi animali non sono “puri”, hanno attraversato un processo di manipolazione che li rendesse accattivanti e compatibili con l’uso a loro destinato (la vita in un ecosistema simulato). Gli scienziati purtroppo hanno sottovalutato il potenziale di tali esseri, che possono evolversi in modi imprevedibili ed espandersi in tutto il pianeta, come ci racconta Dominion.
dominion trio protagonista con blue
Non si tratta di un conflitto per la supremazia alla Planet of the Apes, quanto dell’intento irrealizzabile di comprendere a fondo – e quindi di dominare – le leggi della natura, sempre pronta a stupirci facendo trionfare la vita sui nostri costrutti mentali e tecnologici. I volti più amati della saga hanno compreso tale verità e sono destinati a incontrare le nuove leve per ostacolare le mire della solita multinazionale. L’altra eredità del primo Jurassic World è infatti la coppia anomala formata da Owen Grady (Chris Pratt) e Claire Dearing (Bryce Dallas Howard), trasformatisi nel finale di Fallen Kingdom in famiglia surrogata con la presa in custodia di una ormai adolescente Maisie (Isabella Sermon). Ecco, il fascino della figlia d’arte di Ron Howard e il piglio da avventuriero vecchio stile di Pratt erano tra i pochi jolly nella mano di Colin Trevorrow, senza tralasciare l’amato Mosasauro. Questi elementi andavano valorizzati per portare la trilogia a una chiusura soddisfacente e sviluppare tutti i quesiti sulla scienza e sull’antropocentrismo di cui abbiamo discusso qui sopra, fino alla parziale estinzione dei vostri bulbi oculari.
colin trevorrow regista di jurassic world
In occasione dell’epilogo è tornato in regia proprio Trevorrow. Ma chi è cacchiosauro è Trevorrow? Un tizio sbucato dal nulla che oltre a un episodio di Jurassic stava per ficcare nel curriculum uno Star Wars, precisamente Episodio IX, prima di essere silurato dalla Disney per presunte divergenze creative. Il suo annuncio di un ritorno all’ovile per dirigere Dominion non aveva incontrato l’entusiasmo generale, specie dopo l’ottima prova registica di J.A. Bayona per Fallen Kingdom. Trevorrow è uno Spielberg guy, come dichiarato da lui stesso, e pur facendo di tutto per onorare l’eredità del suo idolo non ha esattamente una mano autoriale. In redazione lo abbiamo spesso preso in giro, chiedendoci se fosse un prestanome o se avesse salvato la vita a Spielberg durante un sinistro stradale, ottenendo in cambio lo sviluppo di JW. Altro mattone sulla testa di Colin è l’esistenza di registi molto più in gamba nell’arte di fare Spielberg, uno su tutti J.J. Abrams, che è ironicamente subentrato a Trevorrow per riscrivere pesantemente Episodio IX e trasformarlo in The Rise of Skywalker. Davvero la soluzione adeguata era un poser, uno che si atteggia?
character poster di jurassic world dominion
Incurante del malcontento, lo Spielberg guy si è occupato dello script insieme a Emily Carmichael e ha tirato fuori delle scelte visive di tutto rispetto. Udite udite, Dominion è piaciuto (perlomeno a noi). Un gran ritmo nonostante la montagna di carne al fuoco, sequenze epiche che sfruttano la presenza scenica dei dinosauri, una miriade di citazioni agli action movie dei decenni passati e una perfetta contestualizzazione della vecchia guardia, ovvero il trio originale di protagonisti. Proprio da questo punto parte il nostro ragionamento: come stanno i superstiti del Jurassic Park all’alba della terza età? Beh, stanno benone, in linea con il loro percorso psicologico. Alan Grant (Sam Neill) vive da sempre per la sua passione e si trova a suo agio negli scavi, non certo in una cena di famiglia o nelle accademie; una versione paleontologica e meno spericolata di Indiana Jones, alla quale Spielberg aveva attribuito una somiglianza a partire dal vestiario. Difficile non pensare al famoso archeologo di fronte alle sequenze in cui Grant si fa strada nei tunnel con una fiaccola e recupera il suo prezioso cappello. Poco importa se al posto dei Thug troviamo i Dimetrodonti.
alan grant inizio di dominion
Torniamo alle prime battute della pellicola: Grant si aggira per il campo base, occupandosi dei suoi amati fossili, incurante del fatto che passeggiando in un giardino pubblico incontrerebbe facilmente un Compsognathus vivente. Quegli animali – i mostri scappati dal parco – non c’entrano con il suo lavoro, la verità è ancora sepolta sotto strati di roccia ed è l’unica cosa che gli interessa. Pur avendo assistito ai miracoli della clonazione (miracoli talvolta cattivi, citando Nope), Grant non ha tradito i suoi ideali e non cerca scorciatoie. Idem la dottoressa Sattler (Laura Dern), consapevole oggi come ieri delle insidie che si celano dietro alla flora e alla fauna selvatiche quando vengono sfruttate per mera bellezza. Una piaga di locuste preistoriche sta devastando i raccolti e Sattler è determinata a trovare un rimedio, cosa che la porterà a chiedere aiuto al vecchio compagno di avventure Alan, il quale ha un’occasione geriatrica per uscire dalla friendzone. Gli insettoni risparmiano le coltivazioni cresciute da semi aziendali Biosyn e la coppia decide di indagare proprio nel quartiere generale della compagnia, un’oasi situata nel cuore delle Dolomiti. Chi incontrano qui? Il nostro teorico del caos preferito.
alan grant ed ellie sattler in dominion
Ian Malcolm (Jeff Goldblum), che in Fallen Kingdom vestiva i panni di un commentatore assennato (avete presente Hammond in The Lost World?), ha ripreso la giacca di pelle ed è diventato un filosofo della scienza, o meglio un motivatore aziendale. Uno che tiene conferenze per spronare i giovani ricercatori a pensare fuori dagli schemi e che grazie al proprio carisma vale più di un’intera agenzia pubblicitaria. Ciononostante Malcolm nutre dei sospetti nei confronti del CEO di Biosyn e ha contattato Ellie Sattler per fare chiarezza. A quanto pare per il matematico i valori personali non sono vendita e, a prescindere dalla cospicuità del salario mensile, nessuno può scordare la propria vocazione. Il ruolo primario di Ian, infatti, è quello di narratore della fatalità della natura. Il claim principale della saga, “La vita troverà il modo”, acquisisce ancor più valore all’interno della trilogia di Jurassic World, dove la coesistenza uomo-creatura preistorica passa dall’essere forzata a essere omogenea, dove la vita trova il modo di risolvere anche questioni che non aveva “naturalmente” previsto. Un processo inarrestabile, del quale possiamo essere testimoni o mediatori attivi, evitando abusi da parte dei nostri simili.
ian malcolm camicia aperta dominion
“Possiamo rischiare di assumerlo?” “Rischiate.”
In definitiva, i protagonisti di JP vengono calati in una serie di ruoli che noi fan di lunga data avremmo facilmente immaginato per loro. Se devi farti un ultimo giro in passerella, sii fedele a te stesso. La regola vale anche per gli stronzi. In Dominion lo stronzone è un altro volto del passato, il dottor Lewis Dodgson (Campbell Scott), che punta al monopolio delle scorte alimentari del pianeta attraverso l’ingordigia delle locuste giganti. I tempi dei battibecchi con Dennis Nedry nei chioschi sono finiti e Dodgson è a capo di una multinazionale che trent’anni prima rincorreva disperatamente la InGen e che ora millanta di proteggere la purezza di sangue dei dinosauri e di inseguire l’innovazione per salvaguardare il pianeta.
dodgson ceo di biosyn dominion
Dietro il rispetto per la biodiversità e per l’individuo si cela, come d’abitudine, la sete di profitto. Dodgson ha ingaggiato il dottor Henry Wu (BD Wong), ex-ideatore degli ibridi, per diffondere locuste modificate in giro per il mondo, cosa che a lungo termine porterebbe a una carestia globale. Se Wu mostra segni di pentimento, il capo supremo non si fa scrupoli e guarda al potere come a una compensazione per il talento che non ha mai avuto. Dodgson è “salito sulle spalle di altri”, non ha qualità né prestigio, e lo dimostra quando si lascia andare a sfuriate degne del peggior villain di serie Z, uno di quelli pronti a ricevere un pugno sul muso da Van Damme o da Steven Seagal. C’era poi bisogno di un cattivo fascinoso e magniloquente? No, Dodgson fa esattamente ciò che fanno gli arrivisti nel grande schema delle cose. Non è un mastermind, è un burocrate. Non è uno Steve Jobs, è un Tim Cook nel suo asettico Apple Park.
claire dearing protagonista di dominion
Per quanto riguarda il trio familiare stabilitosi nell’episodio precedente, la prima a mostrarsi è Claire Dearing (Bryce Dallas Howard), diventata ormai una liberatrice di dinosauri con il suo Dinosaur Protection Group. La sua lotta al bracconaggio è un ulteriore step nella crescita del suo personaggio, che ha rinnegato il suo passato aziendalista. La scena in questione è estremamente emblematica della condizione di condivisione o supremazia tra specie. Claire e le sue due spalle “stagiste” del DPG fanno irruzione all’interno di un allevamento intensivo e illegale di Ceratopsidi. Grazie a una decisione impulsiva di Claire, il gruppo di invasori riesce a salvare un cucciolo di Nasutoceratopo e conseguentemente di segnalare quel posto degli orrori al Department of Fish and Wildlife, facendolo chiudere.
allevamento illegale nasutoceratops dominion
In uno dei nostri articoli della rubrica di Piaceri Lardosi abbiamo fantasticato sulle follie che farebbe l’uomo nel caso entrasse in contatto con gli extraterrestri. Nella goliardia del pezzo avevamo ipotizzato che, in un incontro ravvicinato del terzo tipo, l’essere umano avrebbe pensato subito a cibarsi di alieni. Perché magari hanno un buon sapore. Questo per ironizzare sulle scelte sbagliate dell’umanità nei confronti dell’ignoto e il pensiero immediato che nasce nei confronti delle commerciabilità delle scoperte. Nella saga di Pacific Rim, parallelamente al nostro ragionamento, assistiamo proprio a un traffico di carne Kaiju con una spolveratina di “cringe forzato”, e ci riferiamo alle sequenze di autoerotismo avallandosi di cervelli mostriferi. Troviamo un ulteriore collegamento nel film District 9, che ci mostra un gang criminale disposta a mangiare un braccio mutante e a condurre una tratta di prostituzione interspecie. La capacità umana di pensare a qualunque cosa in termini sessuali e alimentari sembra veramente sconfinata.
In Jurassic World Dominion la questione è meno elaborata, quindi niente esplorazioni delle sottane delle dinosaure: si hanno a disposizione nuove specie di animali? Bene, li sfruttiamo a nostro favore! In primis utilizziamo delle locuste del Cretaceo per controllare le scorte agricole, poi potremmo allevare animali in condizioni precarie e contrabbandarne le carcasse a nostro piacimento. Wow, ottima idea! Peccato che ci sia un baldo giustiziere pronto a prenderci a calci nel sedere.
bozza inizio dominion con owen grady
Oltre a Claire, infatti, fa ritorno Owen Grady (Chris Pratt), che ci accompagna in una cavalcata da cowboy mentre acchiappa al lazo degli esemplari di Parasaurolophus per condurli in un luogo sicuro. Già addestratore di Raptor, Owen si dimostra capace di creare un contatto empatico con altre creature e di saperle domare. Si respira l’aria di una storia di frontiera, di mandriani e di cavalieri solitari, con la non trascurabile aggiunta di rettiloni selvatici. L’intera sequenza è inoltre un tributo a La vendetta di Gwangi, che mostrava una caccia ai dinosauri in salsa western.
parasaurolophus e owen grady in dominion
Quando non combatte gli avidi sfruttatori della fauna, la coppia vive con Maisie Lockwood (Isabella Sermon) in un casolare sperduto nelle montagne della Sierra Nevada. Ignorando gli avvertimenti dei genitori putativi, Maisie esce spesso a visitare le cittadine limitrofe, rispondendo a un misto di ribellione adolescenziale e una normale curiosità verso un mondo che fin da bambina ha osservato dalla finestra. Nelle foreste circostanti ritroviamo Blue, la Raptor preferita di Owen, che sta crescendo la propria figlia Beta, generata in modo asessuato. Blue risponde ancora alla presenza di Owen ma la regia ci ricorda costantemente la sua condizione di animale selvatico, intento a proteggere la sua prole. Non è un cagnolino che ti riporta il bastone (vero, Nedry?) e non lo sarà mai. La natura, nella sua bellezza, talvolta va rispettata e lasciata a se stessa. Le relazioni a distanza tra nuclei familiari multispecie sono il tema di questo primo atto, il simbolo di un’esistenza contemporanea dove ci si aggrappa ai legami per affrontare una condizione di spaesamento e trasformazione. Alcuni di essi non possono perdurare, mentre se ne creano di nuovi.
blue e beta velociraptor in dominion
La quiete da pellicola natalizia con neve e caminetto non poteva durare ed ecco che Maisie e Beta vengono rapite dagli antipatici sgherri della Biosyn e portati a Malta. Le due “cucciole” nascondono nel loro DNA una potenziale risoluzione all’attuale crisi delle locuste. Eh, sì, le locuste, quelle che hanno fatto arrabbiare un sacco di gente, che hanno trasformato i gruppi privati in un nugolo di Fight Club dove la gente si prende a ferri da stiro in faccia e parla di belle montagne di merda. C’è un livore diffuso contro questi insettoni poiché, a quanto pare, non sono dinosauri. Eppure nemmeno il Mosasauro, uno dei punti di forza di JW, non è un dinosauro, bensì un un rettilone marino appartenente ai Lepidosauri. Le locuste condividono il medesimo antefatto delle creature che popolano la saga, ovvero appartengono alla vasta famiglia di animali preistorici riportati in vita e modificati geneticamente, come ci insegnano i topoi narrativi degli sci-fi thriller.
locuste in fattoria jurassic world dominion
Oltre ad avere gli stessi diritti di un Raptor o di un Compy a presenziare nella pellicola, le locuste sono uno degli elementi più Crichton dell’intera saga, materializzando in uno sciame mortifero l’apocalisse climatica e la speculazione scientifica che deriva dal nostro delirio di onnipotenza. Non dimentichiamo il loro ruolo funzionale: gli insettoni non si sostituiscono ai dinosauri nel corso del minutaggio, piuttosto la ricerca di un antidoto alla loro proliferazione trascina i protagonisti in molteplici sequenze dall’alto tasso adrenalinico e sauresco, fino al terzo atto, dove precipitano sull’oasi montana in una pioggia di fuoco che omaggia il cataclisma meteorico di milioni di anni fa. Che dire, gli insettoni in questo caso sono gradevoli, senz’altro più degli scarrafoni che ci ritroviamo in cantina. Ah, giusto, la cantina di Mos Eisley… in pratica la Malta di Dominion!
mercato nero di malta in jurassic world dominion
Nel secondo atto sembra quasi che Trevorrow, non potendo dirigere Episodio IX, abbia deciso di ricreare un setting tipicamente starwarsiano nell’isola di Malta, dove Owen e Claire giungono per rintracciare Maisie. Il regista dimostra di padroneggiare la cara vecchia arte di raccontare per immagini, mostrandoci un porto franco che dà asilo a commercianti, contrabbandieri e gente poco raccomandabile; gabbie, mostriciattoli e gente impegnata a contrattare per chissà quale merce pericolosa ci proiettano in una dimensione terribilmente familiare e ottimamente intessuta nell’universo giurassico. Rinunciando a eccessive divagazioni verbali, sono le scenografie e le comparse a costruire l’immaginario dello spettatore. Il sottobosco criminale dell’isola ci porta inoltre a conoscere Kayla Watts (DeWanda Wise), l’Han Solo della situazione, un personaggio così carismatico a spingerci a raccontarne le peripezie in un corto animato. Kayla trasporta via aria prodotti “particolari” al soldo del miglior offerente e si trova a suo agio nei bazar clandestini, fino a quando, proprio come Han, non si trova di fronte a dei limiti che il suo senso dell’etica non vuole oltrepassare. Passa così da simpatica canaglia a taxista di Owen e Claire alla volta delle Dolomiti.
kayla watts in aereo in jurassic world dominion
L’intermezzo maltese ci offre, infine, alcune delle sequenze d’azione meglio realizzate del franchise: la corsa di Owen e soci sui tetti segue la migliore tradizione di Jason Bourne, con zoomate a schiaffo e panoramiche che sembrano provenire dalle riprese di un notiziario in una zona di guerra, fino a una chase scene coi fiocchi, nella quale si alternano camera-car, long take e point of view dei protagonisti mentre avvistano dallo specchietto retrovisore un branco di Atrociraptor pronti a trasformarli in bolo alimentare. Gli Atrociraptor (che nelle intenzioni iniziali dovevano essere dei Deinonychus) restituiscono immediatamente l’idea di segugi inarrestabili e dalla ferocia estrema, pronti a essere scagliati dalla padrona Soyona Santos (Dichen Lachman) contro il fuggitivo di turno. La dinamica di questo branco di carnivori è una doppia lettera di scuse dello stesso Trevorrow per alcune leggerezze lamentate dai fan: il puntatore laser al quale rispondono i bestioni è più ergonomico rispetto a quello di Fallen Kingdom, mentre Soyona dichiara la superiorità delle specie “purosangue” sugli ibridi, in quanto più addomesticabili.
atrociraptor chase scene in dominion
L’entità delle riflessioni che abbiamo messo in campo finora esclude, da parte nostra, qualunque necessità di un ridimensionamento del fenomeno ibridi. Ciò non toglie che tale scelta abbia portato a un inseguimento spettacolare per le vie della città, ricco di situazioni alla 007 e alla Cadillacs and Dinosaurs (creature preistoriche contro mezzi di trasporto), condite da invenzioni coreografiche che sfruttano appieno gli ostacoli ambientali per mettere fuori gioco i famelici segugi. Chris Pratt conferma per la centesima volta le sue doti action ed è più Indiana Bond che mai mentre scorrazza da un vicolo all’altro per raggiungere il Millennium Falcon a elica di Kayla Watts. Destinazione? Il quartier generale della Biosyn, dove le cose si fanno ancora più intriganti.
indiana jones chris pratt monster movie
“Non sono gli anni, amore, sono i Raptor!”
Seminati gli Atrociraptor, prende il via un ottovolante scandito da incontri ravvicinati con sauri ostili, distribuendo i protagonisti in biomi che presentano differenti sfide: il cielo, la foresta, il ghiaccio, le viscere della terra. Se aggiungiamo una disinfestazione a base di fiamme che non va per il verso giusto, otteniamo un cocktail di furia degli elementi che accompagna gli animali nella rappresentazione di una natura inesorabile nel suo percorso di adattamento e immune a ogni pretesa antropocentrica, incluso il nostro modo di intendere la “protezione” delle altre specie. Si comincia con un atterraggio di emergenza alla disaster movie, motivato da un Quetzalcoatlus che piomba sull’areo di Kayla. Non sarà Rodan ma la sua forza primordiale viene dapprima suggerita quando scorgiamo un’ala membranosa dal finestrino, per poi esplodere nell’attimo in cui neutralizza quella preda di vetro e metallo, così strana ai suoi occhi. È lui il re dei cieli oggi, alla faccia del nostro sogno innato di volare.
therizinosaurus in jurassic world dominion
Le sequenze successive evidenziano l’inclinazione action adventure della pellicola, rifacendosi ad alcuni successi degli anni ’80: Claire appesa tra gli alberi sembra aspettare solamente un Predator pronto a prelevarle il midollo spinale, e invece si fa vivo un Therizinosaurus cieco e piuttosto territoriale. La fuga silenziosa di Claire dall’animale, con tanto di immersione negli acquitrini (ancora Predator), è uno dei momenti più tesi del film e ci fa apprezzare la scelta del compositore di Michael Giacchino di impegnarsi particolarmente sui temi dedicati alle singole creature, trattandole come i boss di fine livello di un videogame. Ci viene finalmente servito un erbivoro sanguinario, combattivo, capace di fare a botte con un Giganotosauro! Quest’ultimo è un gigante (il più grosso carnivoro terrestre mai visto) che dà la caccia ai personaggi in svariate occasioni e che insidierà, prevedibilmente, la supremazia del T-Rex, impostando un rematch dopo la batosta del prologo nel Cretaceo!
prologo dominion giganotosauro contro tirannosauro
Owen e Kayla, più votati all’azione, si ritrovano su un ghiacciaio che dovranno condividere con un Pyroraptor. L’agile mangiacarne è coperto di piume, a sottolineare la maggiore purezza degli esemplari della Biosyn Valley, e stupisce tutti tuffandosi nell’acqua gelida. Una mossa che spinge più in là i pattern comportamentali dei dinosauri, pronti a tutto pur di darci la caccia. Se i Raptor imparano ad aprire le porte, il Pyro potrà farsi una bella nuotata per assaggiare i nostri polpacci. Owen e Claire riescono a sottrarsi al predatore per un soffio, chiudendogli sul muso lo sportello di un montacarichi, esattamente come Lex e Timmy nelle cucine di Isla Nublar. A voler contare le citazioni dirette a Jurassic Park si dovrebbe chiedere aiuto a un computer quantistico di Google: si va dalle situazioni di pericolo che sono parte della formula (jeep ribaltata nel bosco) alla famosa lattina di Barbasol e a una comparsa in un centro di comando dannatamente simile a Dennis Nedry. La stessa morte di Dodgson prevede un’esecuzione sommaria a opera dei Dilofosauri, eletti a castigatori dei cattivoni avidi della saga.
dilofosauro in hyperloop dodgson
La fuga del CEO di Biosyn in un tunnel scarsamente illuminato riporta alla mente un altro pezzo grosso delle avventure mostruose, ovvero James Cameron, già omaggiato da Bayona nella spettacolare introduzione di Fallen Kingdom. La galleria di servizio, invasa dai vapori, sembra fatta su misura per uno Xenomorfo, e Dodgson si ritrova faccia a faccia con una delle creature che ha cercato di ingabbiare, alla stregua di Carter Burke in Aliens. Il Dilofosauro riappare nella foresta, pronto a scannare Claire prima che Owen compia una delle imprese più spaccone del film: prenderlo per la gola e chiudergli le fauci. Gli scontri fisici con i dinosauri si sono conclusi quasi sempre a sfavore degli esseri umani – se escludiamo la figlioccia acrobatica di Malcolm in The Lost World – eppure la mossa di Chris Pratt non va in contrasto con l’integrità del franchise e nemmeno con i romanzi di Crichton. La versione letteraria dell’avvocato Donald Gennaro è descritta come forte e muscolosa, lontano dal buffone/corporate face della pellicola, ed è capace di dare un cazzottone a un Velociraptor per salvarsi la pelle. Lo “strangolamento” del Dilofosauro denota infine la predilezione di Trevorrow per l’utilizzo di puppet quando le circostanze lo permettono. In proposito è bene ricordare il prologo con l’ingresso di Claire nella stalla abusiva, ricco di effetti pratici, e la dottoressa Sattler che si emoziona nuovamente di fronte a un Triceratops.
dimetrodonti nelle miniere dominion
Altra sequenza ottimamente orchestrata è l’esplorazione delle miniere a opera di Alan Grant, un setting che tra fiaccole e carrelli polverosi ci riporta al Tempio Maledetto. Più Indy che mai, Alan cerca un’uscita mentre un esercito di Dimetrodonti cerca di farlo a polpette. Risplende ancora una volta l’impiego del prostetico, che in determinate inquadrature e condizioni di luce prende a calci la CGI. Possiamo affermare che non si bada a spese quando c’è bisogno di ricreare qualcosa che si possa “vedere e toccare”. Il vecchio trio si unisce ai personaggi di JW ed è un peccato che il minutaggio non consenta una conoscenza reciproca approfondita, tenendo conto del potenziale esplosivo di un Malcolm che “non è un fan del Jurassic World” (altra postilla nella lettera di scuse) e che è sempre pronto a stupire il gruppo con le sue uscite filosofiche. Purtroppo la pioggia rovente è alle porte.
tempesta di fuoco finale jurassic world dominion
Ebbene sì, il terzo atto di Dominion risulta essere estremamente emblematico per l’intera storia degli animali preistorici con un retrogusto biblico. Pensiamo alle locuste che, una volta scampate al tentativo di Dodgson di cancellare le sue malefatte, invadono la Biosyn Valley come se fossero l’ottava piaga d’Egitto; degli insetti cosparsi di fuoco purificatore, che rimandano all’estinzione dei dinosauri 65 milioni di anni fa. La stessa procedura di emergenza per salvare gli animali, ovvero farli convergere tutti all’interno del centro di accoglienza, è un rimando all’arca di Noè per garantire loro un futuro nel mondo, cosa che poi avviene attraverso il ripopolamento-sauro. Come i protagonisti, a bordo dell’ennesimo elicottero, siamo testimoni innanzitutto di uno scontro tra titani: il Therizinosauro, il Tirannosauro e il Giganotosauro se le danno di santa ragione, e nella versione estesa il T-Rex svenuto ha un flashback che potremmo identificare con la “memoria genetica“, ricordando il suo antenato sconfitto dal Giganotosauro ben 65 milioni di anni prima. Alla faccia di Assassin’s Creed! “Mi chiamo Tyrannosaurus Rex e, come il mio bis-bis-bis-bis-bis-bis-bisnonno prima di me, sono incazzato nero”.
jurassic world dominion duello finale
Il Rex a questo punto riprende conoscenza e pone fine alla faida millenaria, spingendo il Giganotosauro contro gli artigli affilati dell’erbivoro. Giustizia primitiva è fatta! Il triello sauresco, per quanto spettacolare, è solo il condimento di un epilogo che vuole tracciare una linea di demarcazione: niente sarà più come prima. I parchi non funzionano e nemmeno i tentativi di ghettizzazione risultano efficaci. Attraverso lo sguardo attonito dei superstiti, percepiamo un cambiamento che sfiderà le nostre capacità di adattamento. Sulla Terra si prospetta una coesistenza non facile – ma attuabile – tra specie, lasciandosi alle spalle la gestazione artificiale di una ragazzina o di qualche sauro troppo cresciuto. L’ipotesi di un equilibrio è molto significativa se pensiamo all’incipit con allevamenti intensivi e attriti tra esseri viventi separati da millenni di evoluzione, ma è più saggio dare peso alle possibilità piuttosto che alle differenze (e questo vale anche per i fan discordanti). Non importa come siamo nati, siamo qui e siamo insieme. Vediamo di prosperare e di lasciare a ognuno la sua fetta di ecosistema. È l’alba di un mondo nuovo, un Mondo Giurassico.
jurassic world dominion protagonisti mani beta
Come tirare le somme su questo percorso lungo trent’anni, alla luce di pregi e difetti dell’esalogia? Sul fronte economico, il brand giurassico risulta essere tra i più redditizi al botteghino in relazione al numero di prodotti lanciati, garantendo la media di un miliardo a uscita. Questo dimostra come tali pellicole siano in grado di colpire il pubblico, diventando talvolta un lavoro d’autore di estrema qualità, senza dimenticare la logica intrinseca ed estrinseca del parco a tema. Devono essere blockbuster che possono sfuggire di mano agli stessi creatori, in virtù del desiderio di successo. Per quanto concerne il gradimento personale, non potremo mai dire a Trevorrow “Ora lei è Steven Spielberg”, ma abbiamo deciso di avallare la sua riserva alpina.
jurassic world dominion dietro le quinte riprese
Noi di Monster Movie, subito dopo l’annuncio alla regia di Colin per il sesto film, avevamo dedicato una petizione per sensibilizzare al ripensamento della scelta in favore della conferma di Bayona, che tanto ci aveva impressionato in Fallen Kingdom. Ma se solo le persone intelligenti cambiano idea (speriamo di esserlo), dobbiamo ammettere che per il terzo film della saga di Jurassic World, Trevorrow ha fatto un ottimo lavoro, onorando il suo padrino cinematografico. In particolare ha dimostrato di amare veramente questo brand: con Dominion ha collegato i fili di tutta la saga giurassica, servendo allo spettatore un sapore universale d’avventura classica, dove siamo stati in grado di individuare molti riferimenti a quelle storie che ci hanno plasmati come amanti di cinema e in particolare di film di mostri. In attesa di conoscere l’evoluzione della saga, ricordateci di ringraziare Colin per il bellissimo weekend!
bocca spalancata denti giganotosauro in dominion
Se vi sentite di voler approfondire il discorso relativo alla versione estesa di Jurassic World – Il dominio, vi lasciamo la nostra recensione!

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